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Neolaureati sempre meno disposti ad accettare stipendio da 1.250 euro al mese

Dall'Italia e dal MondoNeolaureati sempre meno disposti ad accettare stipendio da 1.250 euro al mese

(Adnkronos) – Laureati sempre più selettivi anche con lo stipendio. E’ quanto emerge da un’indagine, condotta da Almalaurea su 300mila ‘dottori’ di 78 atenei nel 2023 e 660mila nel 2024, quest’ultima a un anno, tre e cinque anni dal conseguimento del titolo. 

L’età alla Laurea, per il complesso dei laureati nel 2023, è pari a 25,7 anni. L’età alla laurea si è ridotta in misura apprezzabile negli ultimi anni (era 26,6 anni nel 2013), anche se nell’ultimo anno la decrescita si è arrestata (+0,1 anni rispetto al 2022). Il 61,5% dei laureati del 2023 ha concluso il corso di laurea nei tempi previsti dagli ordinamenti. 

La mobilità per ragioni di studio è in tendenziale aumento. Si conferma la direzione Sud-Nord: il 28,5% dei laureati che ha conseguito il diploma al Sud ha scelto un ateneo di una ripartizione geografica diversa e tale le quota è in costante aumento.  

I principali indicatori occupazionali esaminati registrano una riduzione del tasso di occupazione, di poco superiore a 1 punto percentuale tra i neolaureati: nel 2023, a un anno dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione è pari al 74,1% tra i laureati di primo livello e al 75,7% tra i laureati di secondo livello. Di diverso segno il dato sul tasso di occupazione dei laureati di primo livello a cinque anni dal conseguimento del titolo che, nel 2023, è pari al 93,6% e che risulta in aumento di 1,5 punti percentuali rispetto al 2022, raggiungendo così il più alto valore osservato in oltre un decennio. Si registra, invece, un lieve calo dell’occupazione per i laureati di secondo livello a cinque anni dal titolo (-0,5 punti percentuali rispetto al 2022), tra i quali il tasso di occupazione è pari all’88,2%.  

I dati sull’occupazione, spiegano da Almalaurea, vanno letti anche alla luce dell’evolversi di un diverso approccio dei laureati nei confronti della ricerca del lavoro. I dati di AlmaLaurea evidenziano infatti una loro maggiore selettività: in particolare, i laureati sono sempre meno disponibili ad accettare lavori a basso reddito o non coerenti con il proprio percorso formativo. A un anno dal titolo, infatti, tra i laureati di primo e di secondo livello, non occupati e in cerca di lavoro, la quota di chi accetterebbe una retribuzione di 1.250 euro è pari, rispettivamente, al 38,1% e al 32,9%; tali valori risultano in calo, nell’ultimo anno, rispettivamente, di 8,9 e di 6,8 punti percentuali. Inoltre, si dichiara disponibile ad accettare un lavoro non coerente con gli studi il 76,9% dei laureati di primo livello e il 73,0% di quelli di secondo livello; anche in tal caso si tratta di valori in calo, nell’ultimo anno, rispettivamente di 5,9 e di 3,0 punti percentuali. 

I livelli retributivi dei laureati, osservati nel 2023, risultano in crescita in termini nominali. Tuttavia, a causa del mutato potere d’acquisto dovuto ai livelli di inflazione, in termini reali i livelli retributivi hanno subito nel 2023 una contrazione generalizzata, confermando il quadro, già evidenziato lo scorso anno, di controtendenza rispetto agli aumenti registrati fino al 2021. A un anno dal titolo, spiegano da Almalaurea, la retribuzione mensile netta media è pari a 1.384 euro per i laureati di primo livello e a 1.432 per quelli di secondo livello. A cinque anni la retribuzione mensile netta media è pari a 1.706 euro per i laureati di primo livello e a 1.768 per quelli di secondo livello. 

Tra i laureati di secondo livello con cittadinanza italiana, il lavoro all’estero riguarda il 4,0% degli occupati a un anno dalla laurea e il 5,5% degli occupati a cinque anni. La propensione alla mobilità internazionale per ragioni lavorative figura in lieve ripresa, in particolare tra gli occupati a cinque anni dal conseguimento del titolo.  

Un fattore da considerare, rispetto alla propensione a lavorare all’estero, è l’ambito disciplinare della laurea. Le più elevate quote di occupati all’estero sono osservate infatti tra i laureati dei gruppi scientifico (8,2% tra gli occupati a un anno e 11,7% tra quelli a cinque anni), linguistico (8,2% e 11,3%, rispettivamente), informatica e tecnologie ICT (7,9% e 13,7%), nonché tra i laureati del gruppo politico-sociale e comunicazione (5,9% e 7,7%) e ingegneria industriale e dell’informazione (5,8% e 10,1%). 

Per quanto riguarda il genere, gli uomini si spostano all’estero più delle donne. Le retribuzioni medie percepite all’estero sono notevolmente superiori a quelle degli occupati in Italia: a un anno dalla laurea i laureati di secondo livello che si sono trasferiti all’estero percepiscono 2.174 euro mensili netti (+56,1% rispetto a chi è rimasto in Italia), 2.710 euro a cinque anni dalla laurea (+58,7%). 

Per quel che riguarda l’ipotesi di rientro in Italia, il 38,4% degli occupati all’estero ritiene tale scenario molto improbabile e un ulteriore 30,5% poco probabile, quanto meno nell’arco dei prossimi cinque anni. Di contro, il 15,1% ritiene il rientro nel nostro Paese molto probabile. Infine, il 14,7% non è in grado di esprimere un giudizio. 

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