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Dietro un vasetto di miele: costi e clima allarmano i confezionatori

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Nell’ultimo anno vendute 14 mila ton (-5,7%), fatturato a 185 mln euro

Milano, 14 nov. (askanews) – Dietro ogni barattolo di miele c’è un saper fare antico, tramandato da generazioni, che, attraverso innovazioni e investimenti, oggi garantisce al prodotto sicurezza e qualità. Parliamo dei confezionatori, riuniti nel gruppo miele di Unione italiana food, piccole e medie imprese, a prevalente conduzione familiare, che confezionano il miele italiano e quello selezionato dall’estero. Si tratta di un comparto che produce l’80% del miele confezionato del largo consumo oltre a fornire il 100% della materia prima all’industria.”Per il mercato del miele confezionato il 2022 è stato un anno buono con un fatturato a 185 milioni di euro – ci ha detto Raffaele Terruzzi, presidente Gruppo miele e altri prodotti dell’alveare di UnionFood – di cui 164 milioni realmente confezionati e 21 milioni destinati all’industria dolciaria e farmaceutica”. Dietro i numeri del fatturato, che riflette i rincari dell’ultimo anno, tuttavia, ci sono volumi in rallentamento, penalizzati da un potere d’acquisto sempre più ridotto: parliamo di circa 14 mila tonnellate di miele confezionato nel 2022, il 5,7% in meno rispetto ai 12 mesi precedenti. Questo significa marginalità in calo per le imprese, soprattutto quelle che lavorano col largo consumo:”Tanti prodotti hanno subito un calo anche il miele non è stato da meno, fortunatamente nel settore in cui il miele viene usato come materia prima dell’industria non abbiamo avuto cali, direi che siamo rimasti stabili”.Oggi il mercato italiano accanto alle conseguenze dell’inflazione che erode il potere d’acquisto delle famiglie, sconta un consumo pro capite di miele inferiore rispetto a Paesi come la Germania o il Regno Unito: secondo dati di Unione italiana food, in Italia si consumano in media circa 400 grammi all’anno, per un totale di 32 milioni di confezioni di miele. Ma chi sono coloro che trasformano questo nettare nel prodotto che conosciamo?”I professionisti che lavorano nelle nostre aziende – ha spiegato Terruzzi – provengono quasi tutti dal mondo apistico e conoscono in modo profondo come l’ape, come produce il miele, una tradizione formidabile. La seconda cosa, più legata all’industria, è che ci sono controlli che direi maniacali: il miele confezionato che arriva sullo scaffale è strasicuro”. I controlli effettuati su tutto il miele, nazionale ed estero, riguardano innanzitutto la sicurezza alimentare e l’assenza di sostanze indesiderate, ma servono anche a definire le caratteristiche del prodotto finale e a evitare adulterazioni: un barattolo non può contenere nessun’altra sostanza o ingrediente che non sia il miele stesso. Del resto quella della sofisticazione è un’insidia sempre più frequente per questo mercato, che già deve fare i conti con gli effetti del cambiamento climatico: “In questi anni abbiamo subito i cambiamenti climatici: quella che è sempre più in sofferenza è la prima parte della stagione, la primavera per cui i mieli primaverili, di acacia, di arancio sono più soggetti a questi cambiamenti e quindi sono più penalizzati”.Anomalie che incidono sulla produzione di miele e che si traducono per i confezionatori in ulteriori incrementi dei costi.

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