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Con l’inflazione meno italianità nel carrello, unica eccezione le Dop

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Nel 15esimo Osservatorio Immagino GS1 Italy tendenze del largo consumo

Milano, 17 giu. (askanews) – Le etichette raccontano tante storie sui prodotti che mettiamo nel carrello. Alcune sono mode del momento, altre resistono più a lungo. Di sicuro in quest’ultima categoria c’è l’italianità, coi claim che richiamano al made in Italy, agli ingredienti 100% italiani, la bandierina tricolore o addirittura la regione di riferimento. Nonostante la longevità, però, nel 2023 anche questi prodotti hanno perso terreno sotto i colpi dell’inflazione. A raccontarlo è la 15esima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, che analizza oltre 139 mila prodotti del largo consumo, un paniere da 47,5 miliardi di euro di vendite, pari a più dell’80% del totale di supermercati e ipermercati italiani”L’italianità è da sempre per chi segue l’Osservatorio Immagino il trend più solido e più longevo – ci ha detto Marco Cuppini, research and communication director GS1 Italy – ma sicuramente gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da un’inflazione ancora presente nei prezzi dei prodotti di largo consumo in Italia e questo ha influenzato anche un trend così solido. L’ha influenzato nel senso che abbiamo registrato un andamento divergente fra volumi e valori”. Sebbene i prodotti con richiami all’italianità restino il primo paniere per numero di referenze e valore delle vendite, pari a oltre 11,3 miliardi lo scorso anno, il calo dei volumi è stato del 4,5%. Unica eccezione i prodotti Dop: “Stiamo parlando di consumatori che hanno nella qualità l’elemento principale di attrazione – ha spiegato – son disposti a spendere un po’ di più però garantendosi eccellenza, un elevato standard qualitativo, l’autenticità di questi prodotti”. Nella fotografia della spesa degli italiani, l’Osservatorio Immagino ha proseguito con la sua analisi, in collaborazione con la Sant’Anna di Pisa, sui prodotti sostenibili, che se si escludono i claim come circolarità, ecofriendly e green, confermano un alleggerimento nel carrello. Ma chi sono i consumatori che li scelgono?”Le famiglie con figli, le famiglie più giovani sono sicuramente quelle più attente alle caratteristiche dei prodotti – ha raccontato Cuppini – I figli sicuramente giocano un ruolo attivo nell’influenzare le scelte di questi prodotti. L’altra caratteristica riguarda le famiglie più abbienti, il livello di reddito è sicuramente una discriminante importante per stabilire chi è più attento, chi ha un consumo sopra la media di prodotti in qualche modo legati alla sostenibilità”. Va detto, però, che la sostenibilità, ormai, travalica i classici claim ambientali. Per esempio nel mondo dei free from, nonostante il generale arretramento dei volumi, prodotti che si dichiarano “senza pesticidi”, a “residuo zero” o “senza glifosato” mostrano segnali di crescita.Più in generale quello che l’Osservatorio Immagino evidenzia, in un confronto sugli ultimi 7 anni, è un’evoluzione della dieta quotidiana degli italiani: attraverso il metaprodotto Immagino, realizzato a partire dalle tabelle nutrizionali, rivela nuove abitudini alimentari. “Il consumatore italiano è un po’ più bravo nello scegliere quali prodotti consumare – ha constatato Cuppini – registriamo infatti da una parte un aumento delle proteine e soprattutto delle fibre dei prodotti che acquistiamo e una diminuzione dei carboidrati, in particolar modo una diminuzione degli zuccheri e, seppure in misura minore, anche dei grassi”. In questo trend salutista si inserisce l’ascesa di ingredienti considerati benefici come avocado e anacardi nella categoria dei superfruit insieme alla mandorla, prima per valore delle vendite, seguita da mirtilli e cocco, e l’avena, superstar tra i cereali. Perdono appeal invece kamut e quinoa, in questo gioco delle mode che non risparmia neanche il cibo.

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